Ebbene sì, sta arrivando QUEL periodo dell’anno.
Si tirano le somme, si fa la lista dei buoni propositi, si cominciano a delineare le strategie che andranno a caratterizzare l’anno a venire. Con l’occasione si diffondono a macchia d’olio tantissimi documenti e report ricchi di dati interessanti, su cui però a volte facciamo fatica a mettere l’attenzione.
Proprio per questo oggi arrivo da voi con una “lettura critica” del “Social Media Trends 2023” di Hootsuite con una chiave di lettura particolare: gli aspetti che magari cominciavano a risvegliare la nostra curiosità, ma che comunque ci sorprendono.
Quando il libero arbitrio disorienta: il rapporto tra aziende e creators
Tutti parlano dell’importanza dei creator, ma quanti vi investono davvero? Molti meno di quanto pensi…
Per quanto concerne l’ausilio dei Content Creator nelle strategie di comunicazione aziendale, siamo in una fase di passaggio: il 42% delle aziende sopra i 1000 dipendenti collabora con creators, ma questo numero sta subendo una grande contrazione. Attenzione, i big brand non stanno tagliano i budget di marketing in generale, ma quelli destinati a tali attività.
Al contempo, solo il 28% dei piccoli business si avvale dei creators, e la ragione è interessante: “It’s all about the Benjamins”, ma non in modo empirico. Non si dice infatti “non ci sono risorse”: il problema è che manca una standardizzazione dei costi, i piccoli imprenditori si trovano disorientati e fanno molta fatica a negoziare un prezzo che risulti sensato.
Una delle conseguenze? Si evitano le agenzie: meno di un terzo dei brand che si affidano a creators interagisce con un’agenzia, con l’obiettivo di abbattere le spese per terze parti e controllare la discrezionalità dei costi.
Qual è quindi il futuro della creator economy?
Probabilmente, rapporti diretti e un potenziamento della “middle class” dei creators, che stanno divenendo accessibili anche ai piccoli business.
La dritta di Hootsuite in più
Usare gli UTM per misurare i risultati, ne abbiamo parlato in questo post.
Cross-posting tra le piattaforme: è davvero una buona idea?
Siamo sicuri di fare un buon lavoro riproponendo gli stessi identici post sui vari social in cui siamo presenti? O forse varrebbe la pena razionalizzare la presenza del nostro brand a favore di una maggiore personalizzazione e, quindi, efficacia dei contenuti?
Impossibile da negare: negli ultimi anni il Social Media Marketer ha dovuto mettere da parte l’attenzione alla strategia per concentrarsi sul ri-adeguamento continuo dei contenuti del piano di comunicazione. Le piattaforme hanno rilasciato decine di aggiornamenti, sono passate a nuovi formati, sono entrate in competizione l’una con l’altra, and so on. In continuazione.
Siamo quindi arrivati ad una paradossale omologazione nell’evoluzione delle piattaforme (ricordiamo la petizione su Change.org firmata da oltre 300.000 persone per bloccare la TikTokkizzazione di Instagram). Tutto ciò ha dato sempre più spazio al famigerato cross-posting, un modo – a detta di molti – per risparmiare tempo e ottimizzare gli sforzi.
Cosa abbiamo dimenticato però? Che i nostri utenti molto spesso sono presenti su più canali, vero, ma che ne fruiscono in modo diverso e con obiettivi diversi.
Lo scotto da pagare utilizzando il cross-posting, quindi, ha un nome: risultati. Secondo la ricerca inoltre, gli stessi marketer inoltre si dichiarano molto più sicuri del valore dei propri contenuti quando creati da zero per ogni piattaforma. Quel 18% di marketer che creano contenuti specifici per ogni social è in crescita, e la tendenza sarà quella di esplorare quali canali rispondono agli obiettivi di business, invece che scervellarsi sull’adattamento delle dimensioni dell’ennesimo post inutilizzabile.
I social come motori di ricerca del domani
I più importanti competitor di Google? Non Bing o Yahoo, ma Instagram e TikTok.
Secondo una ricerca interna di Google, infatti, il 40% circa dei giovani tra i 18 e i 14 anni americani usa i social come motore di ricerca principale. I social, inoltre, sono oggi più visitati dei motori di ricerca anche per la fascia alta della popolazione.
Per quanto concerne però la scoperta di nuovi brand, quindi l’intento di ricerca informazionale-transazionale, TV e motori di ricerca sono ancora al vertice, insieme al passaparola. Il quarto posto dei social, comunque, non fa che confermare il trend; il passaggio sarà lungo e generazionale, ma solido. Non è mai troppo presto per prepararsi!
Una dritta? Lavorare sull’ottimizzazione SEO dei canali social, usando al meglio keyword, alt text e geolocalizzazione.
Tra gli altri trend assolutamente da conoscere:
Il ruolo fondamentale dei report parlanti
Abbiamo combattuto per oltre un decennio per affermare il posto dei social nel marketing mix, e ci siamo ormai arrivati; una fiducia che si riflette nella progressiva ed esponenziale crescita del budget allocato sulle attività social.
A tale dinamica, però, si associa una più elevata necessità di controllo da parte dei big boss. Problema: spesso da parte loro non c’è la padronanza di lettura di numeri e KPI che il Social Media Strategist e il Marketing manager maneggiano facilmente.
La risposta: far parlare i numeri per mezzo di commenti qualitativi, considerazioni a corredo, e soprattutto di highlights sugli obiettivi raggiunti e case history di successo (qui trovi il corso pratico su come fare Social Media Report da vero professionista)
Social commerce: forse, nonostante la pandemia, non siamo ancora pronti
Il ritiro da parte di Meta di alcune funzioni ce lo aveva già fatto capire: l’accoglienza nei confronti del social commerce è ancora tiepida in tutto il mondo, e ci vorrà del tempo prima del reale consolidamento di questa pratica.
Le cause sono molte, e vanno dallo scetticismo nei confronti della qualità dei prodotti alla paura di rimanere vittime di quelle fughe di dati di cui ogni tanto sentiamo parlare.
L’unico modo per uscirne, lavorare sulle basi: offrire resi e rimborsi facili, proporre valutazioni e recensioni di altri acquirenti e mantenere gli acquirenti informati sullo stato dei loro acquisti.
Customer service: si rafforza il legame con i dipartimenti marketing
Oltre il 49% delle aziende oggi affida il customer service alla divisione marketing e comunicazione. Non basta essere presenti: bisogna tenere a mente gli obiettivi aziendali, rimanere coerenti con il proprio tono di voce, conoscere trasversalmente le strategie e i mezzi migliori per veicolare i messaggi.
I social stessi divengono un canale in cui traghettare la customer satisfaction: sottovalutare questa attività significa perdere delle opportunità.
Uno sguardo al nostro futuro: i Social Media Manager del domani
Chiudo con una nota cui Hootsuite accenna nell’introduzione del documento, ma alla quale personalmente tengo in modo particolare.
Dopo la recessione dovuta alla pandemia e il conseguente boom dei primi mesi del 2022, ora stiamo vivendo una situazione molto delicata: l’inflazione cresce, lo spending dei consumatori cala, le grandi aziende stanno operando enormi tagli della forza-lavoro.
In questo scenario il Social Media Marketer può e deve collocarsi in modo responsabile: la sua figura sta maturando divenendo finalmente una professionalità riconosciuta. Possiamo e dobbiamo far rispettare la nostra expertise, ma dobbiamo ragionare sull’impatto a medio-lungo termine delle nostre azioni, delle scelte, del posizionamento che scegliamo, dei messaggi che contribuiamo a diffondere.
Insomma, noi dobbiamo essere i primi a dimostrare che ciò che facciamo è frutto di un processo strutturato, non di una serie di azioni e “micro-tattiche” attivate al solo scopo di fare il pieno di visualizzazioni e like.
Solo così riusciremo a cementare il valore del Social Media Marketing una volta per tutte.