Facebook e Instagram ADS per ecommerce : i 5 errori da evitare

facebook instagram ecommerce errori

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Quella degli e-Commerce advertiser è un’altra di quelle storie di cui Meta scompiglia continuamente i capitoli. C’erano una volta il targeting granulare, i pubblici segmentati con opzioni super precise, i dati e monitoraggio anche questi granulari, il tracciamento “facile” con il pixel e le Conversioni Offline, ma anche il retargeting con ROAS pazzeschi…

Oggi invece fare campagne adv a supporto di un e-Commerce è totalmente diverso: abbiamo a che fare con opzioni di targeting iper-ampie, con misurazioni parziali e modellate, con un tracciamento più complesso (ne parleremo tra poco), ad un retargeting più laborioso e comunque parziale.

In più, Meta continua a rilasciare nuovi strumenti basati sull’Automazione dei processi, a sua volta legata all’Intelligenza Artificiale: un ecosistema totale, dal setup pubblici al posizionamento, dagli obiettivi al budgeting detto Advantage/+.

Come districarsi al meglio in questo mondo in continua evoluzione? Come evitare di sprecare male soldi nostri e dei nostri clienti?

Ecco quelli che per me sono i 5 errori “da Cugggini” assolutamente da evitare quando si strutturano delle campagne adv per e-Commerce!

1. Non implementare la Conversion API (e lavorare solo con il Pixel)

Se far campagne per portare vendite a un ecommerce senza aver implementato pixel e ed eventi standard è un’autentica operazione kamikaze, a oggi non basta nemmeno più questo:

In un mondo sempre più cookie-less e privacy-centrico l’implementazione della Conversion API è imprescindibile, ancor di più per chi vende online.

Si tratta di uno strumento complementare al Pixel che consente tracciamenti sempre più precisi lato server (ne ho parlato QUI), che permette di acquisire ancora più dati e quindi migliorare in modo anche molto rilevante non solo il tracciamento, ma anche l’ottimizzazione che si sa, si basa proprio sui dati (se ti serve un refresh sulle basi del Facebook Advertising, dai un’occhiata qui).

Il Dev di turno si fa desiderare? Cerchiamo di non demordere: l’impostazione della Conversion API si può fare in diversi modi, da Tag Manager a plugin WordPress come PixelYourSite, e non richiede moltissimo tempo. Blinda lo sviluppatore, ne va davvero dei risultati ottenuti dalle campagne.

Pensi di avere qualche lacuna sul tema Conversion API? Qui trovi tutto quello che ti serve!

2. Lasciar fare tutto al sistema Meta… senza controllo!

I nuovi strumenti Meta Advantage, se spiegati in via teorica, sono decisamente perfetti, ma possiamo af-fidarci ciecamente al loro operato? SPOILER: la risposta è NO, soprattutto se sono appena usciti.

Il consiglio è di testare tutto, ma, allo stesso tempo, SEMPRE verificare la qualità dei click (costano poco? Ok, ma cosa portano in termini di tempo speso sul sito, frequenza di rimbalzo e soprattutto vendite?), diffidare da numeri decisamente anomali e, soprattutto, analizzare sempre le campagne a obiettivo conversione basandoci sulle metriche che davvero contano, come acquisti, valore medio ordine (AOV), ROAS e così via.

Qualche esempio?

Advantage+ Placements – automatizzo la scelta dei posizionamenti e lascio lavorare il sistema. Qui è importantissimo controllare sempre da dove arriva il traffico, da dove converte, da dove viene invece traffico che rimbalza: spesso alcuni posizionamenti portano traffico di qualità pessima (es. Audience Network), specialmente su pubblici freddi e molto ampi e in particolare con ottimizzazioni per link click/visualizzazione della pagina di destinazione;

Pubblico personalizzato Advantage+ – funzione “Espandi il tuo pubblico”, è uno strumento che si auto-abilita per raggiungere le persone che non fanno parte del tuo pubblico personalizzato quando è possibile migliorare le prestazioni. Capita però che, in assenza di “limiti” (es. location, lingua) si espanda su pubblici anomali e di scarso valore, prova per verificare.

È quindi di fondamentale importanza che l’advertiser abbia sempre e comunque sotto controllo il processo e conosca bene gli strumenti, specialmente Advantage: vanno monitorare le metriche giuste nonché la qualità dei risultati ottenuti. Se non lo sappiamo fare, e se non sappiamo riconoscere anche elementi quali bot e link fraudolenti, buttare i soldi del nostro cliente pensando di agire al meglio è un attimo!

Attenzione: di fatto il sistema ci dà ciò per cui paghiamo, per cui se ottimizziamo male otteniamo dei cattivi risultati. The end.

 

3. Ottimizzare le campagne per Link click o per Visualizzazione della pagina di destinazione

Spesso, scherzando, mi sentite dire che dal mio punto di vista esiste un girone dell’inferno per gli advertiser che utilizzano questa tipologia di campagne per portare vendite 😉

Scherzi a parte, il problema reale è che in molti casi, specialmente su pubblici ampi e freddi, è dacile che da ads ottimizzate per traffico arrivi traffico di scarsissima qualità: pensa che molti link clic non si trasformano nemmeno in visita, e se tale comportamento non viene tracciato rischiamo di andare a scalare reiterando una scelta dispendiosa e soprattutto poco efficace.

Vuoi la prova? Se hai attive campagne di questo tipo e vedi tanti click, magari un buon CTR (+2%), ma poche vendite, analizza il traffico che ti arriva da queste campagne con uno strumento come Google Analytics 4 (è ciò che ti spieghiamo in questa masterclass): scommettiamo che il tasso di coinvolgimento, la durata media della sessione e co. sono minimi, così come gli eventi? Probabilmente perché il traffico è di pessima qualità, vedi sopra 🙂

Questo significa che non dobbiamo MAI usare le campagne di questo tipo? No, ma che, nella maggioranza dei casi, se il nostro obiettivo è vendere non è QUASI MAI questa l’ottimizzazione migliore, dati alla mano.

4. Non avere abbastanza varietà nelle creatività/una buona creatività

Puoi essere il più bravo di tutti lato tecnico e conoscere le strategie più aggiornate di advertising, ma se non hai una creatività varia, efficace e PENSATA PER IL NATIVE ADVERTISING andrai poco lontano. O spenderai tanto per avere gli stessi risultati a costi decisamente molto più bassi.

Secondo Nielsen, la creatività determina il 56% del ROI delle vendite di una campagna; Google invece riporta che il 70% del successo di una campagna è determinato dalla creatività. Penso che già questi due dati riassumano al meglio l’errore numero 4!

Le creatività di una campagna e-Commerce devono essere varie, dinamiche, ottimizzate per strumenti e canali. Belle, ma soprattutto utili in due sensi, in primo luogo seguendo le linee guida del brand, in secondo luogo dimostrandosi funzionali e funzionanti per i social.

Fai molta attenzione a quelle situazioni in cui chi si occupa di grafica e video non è preparato sui formati adatti ai social: cerca di intervenire in modo tale da gestire al meglio le creatività, ne va davvero dell’efficacia della campagna.

Le prossime frontiere? L’uso dei formati flessibili e l’integrazione con l’AI generativa.

5. Farsi prender dalla fretta (e avere troppo poco budget)

La dura verità è che nel 2023 e nella maggioranza dei casi non bastano poche campagne su Facebook e Instagram per far vendere online, ma serve UNA STRATEGIA che integri più canali (motori di ricerca, social, comparatori, email, SMS…) e costruita sul percorso di acquisto dei nostri potenziali clienti. Senza se e senza ma.

Non farti influenzare dal cliente che esige risultati immediati o dal responsabile che chiede un report dopo soli due giorni di attività: l’e-Commerce Social advertising richiede pazienza e la strutturazione di un vero e proprio ecosistema di campagne per distribuire al meglio il budget e costruire un flusso virtuoso, ma soprattutto RICHIEDE SOLDI, TEST e UNA STRATEGIA BEN DIVERSIFICATA (anche e soprattutto fuori dai social).

Sono ancora più chiara: con 500 euro al mese di budget nella maggioranza dei casi vai da poche o nessuna parte, a maggior ragione se parti da zero, con un brand sconosciuto e in settori ad alta competizione. That’s it.

Per ottenere risultati con un ecommerce serve molto più che lanciare un paio di campagne con catalogo dinamico e aspettare che i clienti inizino ad arrivare, sono necessari:

  • una strategia e una distribuzione ben diversificata del budget (nel corso parliamo proprio di come distribuirlo, per quali obiettivi e in quali casi)
  • una definizione ben delineata di quelli che sono i KPI di riferimento e costi che possiamo sostenere (qual è un costo di acquisizione profittevole, tanto per cominciare?)
  • una calendarizzazione strutturata delle attività che preveda eventuali promozioni, picchi di vendita, periodi di bassa secondo le dinamiche del settore e del brand
  • un’integrazione con gli altri canali (email, messaggistica, SEM…)
  • un solido sistema di tracciamento (che in alcuni casi prevede anche l’utilizzo di strumenti di terze parti “super partes” visti i limiti di tool come GA4, es. KissMetrics, Triplewhale e co)

 

Insomma, farei Facebook e Instagram Ads per ecommerce è molto più che lanciare qualche campagna per conversione, specialmente in un ecosistema pubblicitario complesso come quello che abbiamo di fronte oggi. Analisi, conoscenza approfondita degli strumenti, tracciamento e testing continuo sono gli asset fondamentali per trasformare quelle che altrimenti rischiano di essere campagne di traffico a buon mercato con poche conversioni in campagne profittevoli e scalabili. Ed è proprio qui che si vede la differenza tra l’advertiser di scarsa esperienza e chi invece sa quali sono i risultati che contano davvero 😉

Spero di esserti stata utile!

Alla prossima,

Veronica

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Veronica Gentili

Imprenditrice digitale, speaker, consulente e formatrice specializzata in Social Media Marketing e autrice di 4 libri best seller di settore. Veronica è considerata come uno dei maggiori esperti di Social Media Marketing in Italia e tra i 50 professionisti più influenti in ambito Ad-tech al mondo.

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