Pubblicare un post con gravi errori grammaticali e accorgersene troppo tardi.
Creare un contenuto che sembra molto simpatico e ritrovarsi una valanga di accuse di razzismo.
Postare, per sbaglio, il contenuto destinato a una pagina in un’altra pagina.
Pensare di aver creato il video dell’anno e venir insultati da centinaia di persone che lo trovano di pessimo gusto.
Tra gli incubi che popolano le notti del Social Media Manager, il Social Media Fail è sicuramente uno dei più terrificanti:
si tratta di un evento dalle dimensioni più o meno catastrofiche (la variabile principale? Quante persone se ne accorgono), in cui viene commesso un errore in modo più o meno volontario da parte del brand (in genere di comunicazione) che attrae una pioggia di lamentele, a volte offese e richieste di scuse ufficiali, nei casi peggiori conditi da un reale danno alla reputazione del brand stesso e (possibile) perdita di clienti e vendite.
Dagli auguri per la festa della donna di Algida e Fiat, fino a passare alla disastrosa campagna #McDstories, di esempi di Social Media Fail ce ne sono di vari tipi;
a volte si tratta di una svista (errore grammaticale, errata informazione, immagine ambigua, immagine contenenti elementi che non ci dovrebbero essere…), in altri casi si tratta di un errore di comunicazione (il messaggio compreso dalle persone è diverso da ciò che il brand voleva comunicare, vedi il caso della campagna natalizia di Pandora di qualche tempo fa e relative scuse social poco apprezzate), in altri casi, invece (udite, udite) si tratta di una vera e propria scelta strategica al grido “purché se ne parli va sempre bene”.
Succede anche che ciò che accade (si comunica) in altri canali (spesso offline) genera una pioggia di insulti sui social o vengono scelti proprio i social dal brand per comunicare a seguito di un “fail” avvenuto altrove (come accadde qualche anno fa a Barilla dopo le dichiarazioni fatte da Guido Barilla al programma La Zanzara).
Come spiego nel corso per diventare un Facebook Marketing Specialist, molto dipende da dove nasce il problema e, soprattutto, da come viene gestito:
si parla di Crisis Management, aspetto fondamentale che, a sua volta, può contribuire a sedare, generare o amplificare il Social Media Fail.
Insomma, di fail sui social ce ne sono di vari tipi, ma quando si tratta di REALI FALLIMENTI?
Perché spesso vengono chiamati fail quelli che fail, alla fine dei conti, non lo sono così tanto.
Quando si tratta di VERO Social Media Fail?
Personalmente credo che si parli di Social Media fail con troppa leggerezza e senza aver ben chiaro cosa significhi davvero;
ad esempio, si può parlare di FALLIMENTO SOCIAL quando ad accorgersene/sentirsi offesi/commentare negativamente/vederci significati ambigui sono solo addetti ai lavori?
Quando si tratta di un errore di battitura, un refuso, una di quelle cose che possono capitare ad ognuno di noi, perché, come si dice, solo chi fa sbaglia?
A mio avviso, no.
Credo che si possa parlare di Social Media Fail quando:
– l’errore viene notato/commentato negativamente/ha in generale un impatto negativo sui “civili” (gente non addetta ai lavori)/ il messaggio urta “i civili”, in particolar modo le target audience del brand (direi questo è l’aspetto più importante)
– l’effetto negativo non è minimamente voluto/aspettato dal brand in questione (è chiaro che se sei un personaggio/azienda con un posizionamento particolare, specialmente riguardo a temi sociali, politici e religiosi, la critica fa sempre parte del gioco e in alcuni casi è cercata)
Quante persone devono essere coinvolte per parlare di Social Media Fail?
È chiaro che, più il brand è conosciuto, maggiore esposizione hanno i suoi contenuti, maggiori sono le possibilità che l’errore/messaggio mal percepito venga più facilmente notato e viralizzato, quindi raggiunga molte più persone.
Sul piano numerico sappiamo che un Fail è “tanto più fail” quante più sono le persone coinvolte, ma per mia opinione è molto più importante l’aspetto qualitativo e relativo alla realtà del brand in questione:
se rappresento una merceria di provincia e un mio post “offende” – e magari mi fa perdere – 5 clienti, è un fail a tutti gli effetti, se rappresento un brand nazionale e un mio contenuto viene giudicato negativamente da persone che non acquisterebbero mai i miei prodotti/servizi e positivamente da chi lo fa, beh questo merita un approfondimento ulteriore.
E soprattutto, dipende dal posizionamento del brand, che potrebbe, per scelta, non essere così ortodosso e politically correct.
Quanti tipi di Social Media Fail ci sono? Hanno tutti lo stesso peso?
Un’altra cosa che ritengo sia molto importante da chiarire è che ci sono vari tipi di fail e non tutti hanno lo stesso peso; come detto, pubblicare un post con un errore, come sa bene chi fa questo lavoro da anni, è qualcosa che può capitare a chiunque e dubito che le persone lì fuori smettano di comprare/stimare questo o quel brand per un refuso, una svista, un errore di calcolo o aver postato un’immagine errata.
In questo caso, parlare di fail, spesso, è esagerato.
Diverso e più “pesante” invece è quando il brand va a toccare i valori o la sensibilità delle persone (ad esempio il caso Eredi Corazza) o a offenderle (il recente caso INPS per la famiglia è un esempio calzante), va in conflitto totale con i valori di cui è promotore o con il posizionamento desiderato (ricordiamo ad esempio il caso Melegatti), oppure la campagna di comunicazione dà il via a una serie di commenti e post negativi che minacciano di rovinarne la reputazione (come è accaduto per #MCDStories o sotto lo sfortunato hashtag #MeetFS).
Non tutti i Social Media Fail sono uguali anche in termini di responsabilità e spesso il Social Media Team trova semplicemente a raccogliere i cocci di un vaso che non ha rotto lui;
a volte è dell’ufficio marketing, a volte di un’agenzia un po’ troppo creativa (ok, comunque qualcuno dall’azienda ha approvato l’idea), altre di un management che anziché investire su un’agenzia/professionisti qualificati ha lasciato tutto in mano al celebre cuggggino.
Altre ancora, vale la pena ripeterlo in un periodo in cui puntare il dito su chi sbaglia è diventata una moda pericolosa, semplicemente è colpa del fatto che siamo umani e possiamo sbagliare (soprattutto quando si gestiscono tanti task e contenuti tutti insieme).
Io stessa negli anni nel pubblicare centinaia di post e inserzioni o nel rispondere ai commenti ho fatto degli errori e se da una parte sono stata fortunata perché dall’altra parte non avevo il folle screenshottatore di turno, dall’altra devo ringraziare il fatto di aver avuto a che fare con persone di buonsenso, che hanno visto la buona fede dello sbaglio.
Di Social Media Fail…e Social Media Fail
Prima di lasciarti alla mia Check-List per evitare o quantomeno ridurre le possibilità di Social Media Fail in fase di pubblicazione vorrei specificare un’ultima cosa:
spesso parliamo di fail, ma in realtà, magari, quello che noi abbiamo percepito come un danno cosmico alla reputazione del brand in realtà non ha avuto alcun impatto economico sugli affari del brand stesso, quindi occhio ad a fare l’associazione immediata “fail social > crollo nelle vendite” in assenza di dati concreti.
Nella maggior parte dei casi non sappiamo per certo quale sia il reale impatto di ciò che supponiamo sia un danno incredibile sul piano economico, possiamo avanzare delle idee e attribuire un valore ai feedback in base al sentiment (ogni brand minimamente strutturato che si rispetti dovrebbe monitorare costantemente cosa si dice in Rete di lui con un buon Social Media Listening Tool), ma quanto incide davvero sulle vendite, temo proprio resti appannaggio del brand coinvolto.
È possibile evitare il Social Media Fail?
Purtroppo non si può evitare al 100%, ma sicuramente si possono drasticamente ridurre le possibilità che accada con una serie di accorgimenti o quanto meno riflettere bene sulla pubblicazione di certi contenuti dall’alto potenziale di risposta negativa.
Qui sotto trovi una Check-list che seguo io stessa, semplice ed efficace da seguire per non scivolare sulla classica buccia di banana (che ahimé a volte non è semplice da vedere), riflettere su ciò che conta davvero prima di premere “Pubblica” o “Programma” e dormire sonni decisamente più tranquilli.
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