Leggendo un articolo di @Futurap, notevole digital strategist del panorama italiano, in cui rifletteva sulle cosiddette “Professioni del web”, mi sono posta qualche domanda alla quale ho cercato di rispondere:
ma le microimprese che non possono permettersi un Social Media team, come fanno?
Sono costrette a ricorrere a 4 nozioni prese a giro nel web e a curare da sé la loro presenza online?
C’è una via di mezzo tra i costi di un team specializzato, insostenibili per una piccola azienda locale, e l’affidamento della propria presenza sul web a un tuttofare fuffologo (e un po’ minkione) che ottimizza i costi ma crea più danni della grandine?
Facciamo una premessa.
Le Microimprese, sub-categoria delle PMI, sono imprese ” il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.”
E, a guardare i risultati di una ricerca ISTAT datata 2011, pare proprio che l’Italia sia “il paese delle microimprese”:
“la struttura produttiva dell’Italia è costituita per il 94.7% da microimprese” e, dato ancora più importante, “Facendo una vera e propria media delle imprese italiane, si scopre come in Italia ogni impresa ha una media di 3.9 addetti impiegati, una media estremamente bassa.”
Assodato che le microimprese sono una parte fondamentale della nostra economia, mi chiedo:
Con una media di 3,9 addetti impiegati, potrò mai permettermi di raddoppiarne il numero aggiungendo un social media team?
A occhio direi di no.
A polso direi che la maggior parte delle microimprese che incontro non hanno neanche un consulente di marketing e comunicazione cui rivolgersi per definire identità, mission, obiettivi e strategie.
Spesso si appoggiano saltuariamente ad un’agenzia di comunicazione per sporadiche attività promozionali o ad una tipografia che concretizza in cartaceo pubblicità sparse e momenti promozionali disorganizzati.
Potenziali incredibili di crescita, misconoscenza dei meccanismi di comunicazione e promozione, difficoltà estrema nell’approccio corretto a questi “nuovi” canali e approcci comunicativi che offrono il web e i social media e mancanza di risorse finanziarie si uniscono in un mix che porta le microimprese a perdersi, confondersi, investire poco e male i fondi destinati ad attività di promozione.
Tutto ciò per dire che, secondo me, c’è un estremo bisogno di figure trasversali in questo mondo.
Che sarebbe splendido-meraviglioso poter avere ciò che Vicenzo Cosenza in Social Media ROI definisce come “una formazione ottimale per realtà più piccole e meno complesse” (un social media manager, un community manager e un social media strategist), ma, ad oggi, non credo sia possibile per le PMI, figuriamoci per le microimprese.
Non lo è economicamente e non lo è nemmeno “idealmente”, proprio perché ancora non è stata ancora compresa l’importanza dei social media e del web da moltissime aziende, anche di grandi dimensioni.
E quindi?
Che può fare una piccola impresa che vuole esser presente in modo efficace nel web senza dover assumere almeno 3 persone?
Può affidarsi ad un’agenzia/professionista trasversale e per trasversale non intendo tuttologo.
Che sappia pianificare una strategia digitale e una presenza efficace nei social, magari anche un ottimo conoscitore dei meccanismi del SEO e content editor, ma che abbia la professionalità di alzare le mani quando c’è da progettare la grafica o la struttura del sito web e sapervi indirizzare ad un altro professionista che possa aiutarvi nei casi in cui vi serva proprio la grafica, ad esempio.
I fuffa-tuttologi fanno più danni della grandine, ma le figure trasversali, in un momento in cui serve esser traghettati correttamente da un paradigma sempre più inefficace, quale quello dei media tradizionali, ad uno nuovo, promettente e sostanzialmente diverso quale quello dei new media, credo siano fondamentali.
Per le PMI in generale, per le microimprese in particolare.
Perché la specializzazione nel proprio campo è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale valutare il momento storico odierno, le realtà con le quali ci dobbiamo metter a confronto in Italia, la flessibilità e l’aiuto che queste richiedono.
Tante microimprese, pochi soldi da investire, un bisogno incredibile di formazione e affiancamento, difficoltà per i figli dei vecchi paradigmi di capire quelli nuovi: è necessaria trasversalità.
Domani (magari!) il social media team avrà la stessa importanza che ha oggi il commercialista o la tipografia che stampa i flyer e i cartelloni.
Ma oggi no.
Oggi c’è ancora da conoscere, capire e assimilare l’importanza e il paradigma del web 2.0.
Soprattutto per le PMI e le microimprese.
Tu cosa ne pensi? Imparo moltissimo ogni giorno dal confronto con il prossimo, per cui mi piacerebbe davvero tu mi raccontassi la tua esperienza!