Una volta, se la tua esperienza con l’hotel, il ristorante o il negozio era stata deludente avevi due possibilità:
- Farglielo sapere, sperando che si scusasse ed in qualche modo rimediasse all’errore fatto
- Avvisare amici e conoscenti della tua brutta esperienza, affinché non la ripetessero anche loro
Punto.
Poi arrivarono le recensioni di TripAdvisor, quelle sue Facebook e Google Plus, i consigli di Foursquare e di tutte le piattaforme che aggiungono una nuovo possibilità: condividere la propria esperienza con una moltitudine indistinta di persone, che va dalle decine ai milioni di individui.
Potere agli utenti/clienti, quelli che ti dicono su TripAdvisor quanto la pizza del Ristorante X fosse davvero immangiabile, il prodotto acquistato nel negozio X fosse di scarsa qualità e inusabile sulle recensioni di Google e che la parrucchiera X si merita due stelline e poco più su Facebook, visto che la piega che ci ha fatto è durata sì e no un paio d’ore.
E se non bastasse, c’è lo strumento-web più democratico di tutti: il blog.
Chiunque può aprire un blog gratuitamente e innalzarsi a recensore maximus di questo o quel settore, influenzando gli acquisti delle persone (quante? Beh, dipende dai lettori del blog!).
Ma perché le recensioni in Rete sono tanto importanti?
Nielsen ci dice che il 78% degli Italiani si affida al consiglio degli amici per effettuare acquisti, ma, soprattutto, ci racconta che il 64% degli Italiani si basa su recensioni e opinioni presenti nei Social Media.
Le recensioni in Rete non sono altro che la traslazione in digitale del consiglio di amici, conoscenti con un piccolo elemento in più: l’opinione spassionata di una persona che non abbiamo mai visto e forse non vedremo mai, ma che reputiamo “nostro pari”.
Da una parte c’è l’azienda che si bea di offrire prodotti di massima qualità, esperienze indimenticabili, “siamo leader di settore”, dall’altra c’è un individuo come noi che si limita a raccontare la sua esperienza reale con l’azienda X.
Di chi ti fideresti di più?
Ecco perché le recensioni sono tanto importanti per orientare le nostre decisioni di acquisto:
un conto è ciò che mi racconta l’azienda di sé (un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono), un conto è avere come punto di riferimento persone che quel vino l’hanno provato davvero.
Ah sì, poi ci sono le recensioni comprate, finte e drogate.
Ci saranno ancora per un bel po’, almeno fino a quando le grandi piattaforme di opinioni non troveranno un modo efficace di riconoscere l’utente reale, ma soprattutto, l’esperienza reale.
La “Generazione TripAdvisor”: comportamenti assurdi e disfunzionali applicati alla Rete
C’è chi però questa “missione di recensire e orientare le scelte del mondo” l’ha presa un po’ troppo sul serio e in modo più distruttivo che costruttivo.
Ho visto persone scrivere recensioni nel momento stesso in cui stavano vivendo l’esperienza che volevano recensire (esempio: tavolata al ristorante, signore che in una mano ha la forchetta e nell’altra lo smartphone collegato a TripAdvisor), altre non dire niente al momento dell’acquisto né lamentare nulla, salvo poi lasciare una recensione pessima 20 minuti dopo, dicendo che “il prodotto non funziona” (prima di andarti a lamentare, non potresti andare al negozio e far presente il problema?), o che “non si riusciva ad abbassare l’aria condizionata in camera” (chiamare la reception e veder di risolvere la criticità prima di raccontarla al mondo, no?).
NO.
Fa troppo più figo stare zitti e bypassare la fase 1, quella in cui si fa presente il problema all’impresa/ristorante/hotel e si guarda se viene risolto, visto che siamo esseri umani, abbiamo tutti la giornata “no” e non sempre le cose vanno come dovrebbero.
Fa troppo più figo passare subito alla fase 2 e 3: lamentarsi con gli amici e, contestualmente, far sapere a tutti grazie al potere del Web, quanto la nostra esperienza sia stata “tremenda”.
Questa modalità di approccio disfunzionale ai nuovi mezzi di recensione e condivisione di esperienze l’ho chiamata “Generazione TripAdvisor“, proprio perché TripAdvisor rappresenta al meglio le piattaforme di opinioni on-line:
una sorta di delirio di onnipotenza e rivincita sull’impossibilità di “sputtanare” ben benino le aziende cialtrone, un modo per far sentire la nostra voce, non tanto per dare alle imprese la possibilità di capire dove sbagliano e migliorare, quanto per poter sentire di averne in mano la reputazione e rovinarla come e quando vogliamo.
Beh, forse dovremmo un attimo renderci conto del potere che abbiamo ogni volta che scriviamo un’opinione su questa o quella realtà, capire che spesso dietro ci sono persone che davvero vogliono dare il meglio e che, magari, prima di far sapere all’universo-mondo quanto sono mediocri, dovremmo capire se si è trattato di un caso, se il problema è risolvibile.
Se hanno davvero voglia di ascoltarci.
E poi ci sono le aziende che non hanno nessuna voglia di ascoltare
Sì, ci sono anche loro e forse ci saranno sempre.
Le realtà imprenditoriali che preferiscono tapparsi le orecchie, che “va tutto bene, noi siamo splendidi, fantastici, è la gente che non ci capisce”, che “è tutta colpa della crisi”, quelle che le recensioni nemmeno le vogliono leggere, figuriamoci farsi un esame di coscienza e capire se e dove sbagliano.
C’è chi ancora non ha capito che grande risorsa offra la Rete oggi:
la possibilità di ricevere consigli a gratis, opinioni a gratis, senza cimentarsi in costose ricerche di mercato o sperare che i clienti “se qualcosa non andasse me lo direbbero”.
C’è anche una Generazione di aziende addormentate che non hanno la benché minima idea di cosa si dica in Rete di loro e nemmeno la vogliono avere, procedono a dritto verso la direzione scelta senza capire che l’unica direzione giusta porta a un solo obiettivo:
soddisfare il cliente.
Non so quanta vita davanti abbiano queste tipologie di imprese in un mondo sempre più trasparente e orientato ai bisogni reali del consumatore, un mondo che offre sempre più spazio alle persone per esprimersi e confrontarsi soprattutto grazie alla Rete.
Presunzione? Paura? Mancata conoscenza dei mezzi digitali? Attaccamento ai vecchi paradigmi del fare impresa?
Non so, resta il fatto che oggi parlano di te in Rete indipendentemente dal fatto che tu ci sia per ascoltarli o voglia che lo facciano.
E non puoi più permetterti di non ascoltare.