Per quanto in tanti, anche tra gli addetti ai lavori, non se ne siano accorti, Facebook ha smesso di essere “un semplice social network” da diverso tempo.
Non è più “solo” uno spazio dove è possibile relazionarsi, informarsi e raccontarsi, ma è diventato un insieme di ecosistemi in cui è anche possibile acquistare (attraverso gli Shop), giocare (con Oculus Rift), esplorare e creare nuovi mondi (basta “affacciarsi” a Horizon).
E mentre ancora si discute delle conseguenze relative alla progressiva deprecazione dei cookie di terze parti e dei limiti imposti da Apple, mentre i governi europei impongono continue restrizioni al tracciamento e quello americano cerca di smembrare il gigante blu e il social-monopolio che rappresenta, Zuckerberg annuncia ufficialmente il cambio di nome e, insieme a esso, il futuro della società:
Facebook si chiamerà Meta e si impegna a costruire il futuro di Internet, l’Internet Incarnato: il Metaverso. Questo non significa che Facebook, il social al quale tutti ci colleghiamo ogni giorno, si chiamerà in un altro modo, ma che la società che fa da ombrello a Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger cambierà nome – un po’ come la storia di Google con Alphabet -.
Questo cambiamento riguarda quindi il DNA della società che, da ora non sarà più Facebook-centrica, – tanto che non sarà più necessario avere un account Facebook per fruire dei servizi -, ma volta a offrire una serie di servizi e prodotti con lo scopo non di farci passare ancora più tempo davanti agli schermi, “ma di migliorare la qualità del tempo che già vi spendiamo sopra”.
E se qualcuno si stesse chiedendo il perché di questa rivoluzione, sappia che i motivi possono essere i più diversi; dalla necessità di sviare l’attenzione “del popolo” dai vari leaks che ne minano la reputazione, alla necessità di svecchiare il brand, sempre meno sexy per le nuove generazioni, al bisogno di rinnovarsi per restare competitivi, insomma, probabilmente le ragioni sono molteplici.
Ma cosa significa, in pratica, questo cambiamento sostanziale?
E come impatterà lato business?
Prima di tutto, cosa è il Metaverso?
We have these phones. They’re relatively small. A lot of the time that we’re spending, we’re basically mediating our lives and our communication through these small, glowing rectangles. I think that that’s not really how people are made to interact. (Mark Zuckerberg – The Verge Interview)
Termine coniato da Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash (1992), sta a significare la convergenza tra il mondo fisico, la realtà aumentata e quella virtuale.
Se pensiamo alla road map dei successivi 10 anni condivisa dallo stesso Zuckerberg poco più di 5 anni fa, questo obiettivo sembra tutt’altro che fantascientifico: lo sviluppo di Realtà Aumentata e Intelligenza Artificiale, unite a un Connettività ancora più potente e diffusa sono da tempo nelle priorità della piattaforma. Ciò che però annuncia a oggi il fondatore di Facebook in un lungo video – che ti consiglio di vedere almeno in parte per capire, in pratica, cosa ci aspetta nella sua visione – è una sorta di era post-mobile, un’evoluzione di questi piccoli dispositivi rettangolari che, effettivamente, iniziano ad andarci stretti, per restare in contatto in un modo totalmente nuovo, in cui sarà possibile “essere lì senza essere lì”, in cui potremo ritrovarci in ufficio, con gli amici in un bar a Los Angeles, nei pressi delle cascate del Niagara, a vedere un concerto…senza muoverci di casa.
Questo nuovo “mondo” impatterà non solo le relazioni e il tempo libero, ma anche il modo di lavorare: sarà infatti possibile ritrovarsi in meeting “in presenza” – in cui condividere esperienze e opinioni “guardandosi negli occhi” e condividendo lo stesso spazio – senza tuttavia essere fisicamente nello stesso luogo, ma presenti con il proprio ologramma (totalmente personalizzabile. Sì, hai letto bene, puoi “incarnarti” anche in un drago se vuoi).
Una vera e propria rivoluzione, che con ogni probabilità sarà esperibile, almeno in prima istanza, attraverso gli strumenti prodotti o co-prodotti dallo stesso Facebook, Oculus e Ray Ban Stories (di questi ultimi parlerò a breve nei miei canali social, ma ti anticipo che siamo ancora ai primordi del progetto), che rappresenteranno la porta d’ingresso a tutto questo.
Qual è l’impatto di tutto questo lato Business? Come evolverà l’advertising?
É ancora presto per dirlo, ma già Zuckerberg ha detto che “i Creatori potranno vendervi prodotti in 3D”, facendo intendere che si apriranno una serie di nuovi scenari e modalità di promozione ancora da scoprire.
Come nota il collega Jon Loomer, la pagina Facebook for Business ha già cambiato nome in Meta for Business, con l’intenzione di “insegnare a lanciare far crescere il tuo business attraverso tutte le nostre app e, adesso, nel Metaverso”, il che fa pensare alla verosimile ipotesi di una connessione ancora più stretta tra le varie app (che già tendono all’interoperabilità) e un domani in cui sarà possibile, attraverso la stessa interfaccia, essere presenti in tutto l’ecosistema.
Con quale tipologia di creatività? Con quali formati? É ancora presto per dirlo, ma di certo non basterà più fare qualche “immaginina” carina e abbellire un vecchio video istituzionale per abitare con successo questo nuovo mondo e, soprattutto, generare business.
Dall’altra parte, è già stato annunciato un investimento di 10 miliardi di dollari solo quest’anno per il progetto Metaverso e la creazione di 10.000 posti di lavoro in Europa a supporto delle attività; è probabile che le future modalità di fare adv siano qualcosa che ancora non possiamo immaginare, ma fortemente legato alla Realtà Virtuale e a quella Aumentata.
Veronica, tu cosa ne pensi?
“We don’t build services to make money; we make money to build better services.” (Mark Zuckerberg – Founder’s Letter)
Stando a quanto dichiarato da Zuckerberg, l’obiettivo è più che onorevole, ovvero dare alle persone modi ancora più semplici e accessibili per vivere le proprie passioni e relazioni, con una finalità non meramente economica, tanto da dire che “non costruiamo servizi per fare soldi, facciamo soldi per costruire servizi migliori”. Non ho dubbi nel credere nelle sue buone intenzioni, ma sarebbe da sciocchi dimenticare che Facebook non è una Onlus, ma una società che fattura centinaia di miliardi di dollari, le cui logiche è difficile credere non siano legate al profitto.
Il progetto, così come da lui presentato, sembra qualcosa di meraviglioso: vedere amici in presenza anche senza essere lì, ridurre le emissioni grazie a incontri virtuali (è anche una scelta ecologica!), la possibilità di partecipare a eventi senza bisogno di muoversi, insomma, le opportunità sono tantissime, anche e specialmente per chi, per motivi fisici o economici, ha difficoltà a spostarsi.
Dall’altra parte non posso nascondere che fin dalla prima volta che Zuckerberg ha parlato del Metaverso e delle esperienze che ne sarebbero derivate, nella mia testa hanno iniziato a palesarsi una serie di immagini da film futuristico di serie B, in cui si vede una metropoli completamente deserta e, zoommando su un appartamento, si ritrova un ragazzo trasandato in una casa fatiscente, che probabilmente non mette il naso fuori da tempo, perso dentro il suo visore e i mondi che si è creato.
Le derive che un progetto del genere possono prendere sono tantissime e se da una parte è impossibile fermare l’evoluzione tecnologica e dobbiamo comprenderne anche i benefici, dall’altra sappiamo che c’è chi la utilizzerà per farne solo i propri interessi, che c’è svilupperà un attaccamento patologico a certe dinamiche e chi utilizzerà questi sistemi con pessime intenzioni.
Insomma, tutto bellissimo, ma mai come adesso credo sia fondamentale esercitare il nostro senso critico, guardare agli aspetti etici e sociologici di tutta questa evoluzione – penso in particolare alle conseguenze su bambini e adolescenti, in molti casi già risucchiati dai propri dispositivi -, comprendere che vivere passivamente questa rivoluzione, portata avanti da una società che ormai controlla il mondo social, può essere davvero pericoloso.
Lo dico da professionista che con Facebook lavora da più di 10 anni e andando quindi contro il mio interesse: demonizzare qualsiasi forma di evoluzione serve a poco, ma è anche pericoloso guardare solo alla bright side di tutto questo; osserviamo, ragioniamo e valutiamo questa evoluzione. Come opportunità, ma anche come possibile minaccia al nostro stesso senso di esistere e vivere la realtà.