Facebook vs Google Analytics: perché i dati non tornano?

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Succede spessissimo, per non dire quasi sempre.

Fai una campagna su Facebook orientata a portare traffico o conversioni sul sito web e quando vai a confrontare i dati delle campagne che ti dà la piattaforma con quella di analisi del sito (spesso Google Analytics) non torna niente.

Normalmente sembra che “i meriti” che Facebook si attribuisce siano molto più alti rispetto a quelli segnalati dagli altri servizi di analisi, che le fonti degli acquisti avvenuti in realtà siano ben altre. Che Facebook ci voglia fregare? Non propriamente, basta capire quali variabili possono intervenire e come funzionano i diversi modelli di attribuzione per fare chiarezza.

Quali sono reali motivi delle differenze tra i Facebook Report e quelli generati da Google Analytics? Le ragioni tecniche

Secondo un rappresentante ufficiale della piattaforma, parlando dei dati che offre Facebook rispetto ai risultati delle campagne e quelli che invece offrono gli strumenti di analisi di terze parti, la discrepanza ci sta, per una serie di ragioni di natura tecnica e legate alla complessità del customer journey odierno.

Tra le ragioni di questa discrepanza di risultati, troviamo:

    • L’utente usa il protocollo HTTP anziché HTTPS:  il 40% degli utenti naviga Facebook utilizzando il protocollo per la comunicazione sicura HTTPS (hypertext transfer protocol secure) e quando clicca su di un inserzione, quindi converte sul sito, il referrer (la fonte di traffico) non viene registrato poiché gli utenti hanno lasciato l’ambiente HTTPS per un HTTP (sì, alcuni siti sono ancora in HTTP).
    • Ad Blocker Software: il pixel di conversione potrebbe avere dei problemi di caricamento se l’utente utilizza un ad blocker (sistemi sempre più diffusi per proteggerci dal diluvio costante di banner e pop up).
    • Conversioni multiple: se un utente vede o clicca su di un’inserzione e converte più volte Facebook attribuisce più conversioni all’ultima inserzione vista o cliccata, mentre molti sistemi di terze parti consentono una sola attribuzione per click.
    • Click e sessioni sono due cose diverse: non facciamo il gigantesco errore di dare ai click sul link di Facebook e alle sessioni che conta Google Analytics lo stesso significato, perché sono due metriche completamente differenti, il cui misunderstanding spesso porta al fatto che i risultati non tornano. Il click è una semplice interazione dell’utente con la Facebook Ads, mentre la sessione è una serie di interazioni registrate da parte dell’utente in un determinato periodo; non è detto che un click si trasformi in una sessione, anzi..quante volte ti è capitato di cliccare su un link e abbandonare tutto prima anche che si aprisse?

Ma non finisce qui. Altre interessanti motivazioni per le quali “i dati non tornano” potrebbero essere:

  • Firewall: l’utente o i server di cui si avvale potrebbero avere un firewall che interferisce con il processo di reportistica.
  • URL shortener: alcuni sistemi di tracciamento potrebbero conteggiare i redirect come doppi clic.
  • L’utente chiude la pagina prima che venga caricata: se l’utente vi clicca per sbaglio o la pagina ci mette molto a caricare (indovina un po’ il perché degli Instant Articles e delle Instant Experience…), viene conteggiato il click che di fatto però non porta visita effettiva.

Anche la navigazione in incognito, errori javascript, sistemi di tracciamento basati sulle sessioni possono intervenire nel non attribuire correttamente visite e conversioni, qui trovi una serie di ulteriori ragioni possibili.

I modelli di attribuzione: Facebook vs Google Analytics

Tra i motivi principali per i quali i risultati “non tornano” c’è, ovviamente, il diverso modello di attribuzione utilizzato da Facebook e Google.

Se ad esempio facciamo campagne orientate alle conversioni (cosa che dovrebbe fare e saper fare chiunque voglia rendere Facebook una vera risorsa di business), dobbiamo conoscere a menadito come funziona il Facebook Pixel e quindi come vengono attribuite le conversioni; sapendo che Facebook di default attribuisce a ogni inserzioni qualsiasi conversione sia avvenuta nell’arco di un giorno dalla visualizzazione o 7 giorni dal click sulla stessa (esatto, anche se poi l’utente nel tempo è entrato nel sito da qualche altra parte), capiamo che difficilmente i risultati possono coincidere con quelli di Google, il cui modello di attribuzione di default è ultimo click non diretto.

Ecco perché tra le ragioni delle differenze nei risultati troviamo:

  • Conversioni cross device: molti strumenti di web analysis (non quelli più avanzati, per fortuna, o con funzionalità implementate, come è possibile fare con Google Analytics) sono basati sui cookie ed in un mondo sempre più complesso dove il viaggio del cliente inizia su desktop, passa da tablet e finisce su mobile, restano molto limitati nell’attribuire con precisione “i meriti” alle varie fonti che hanno concorso alla conversione. Secondo ricerche interne condotte da Facebook, di tutte le inserzioni mobile che portano a conversione, tra il 35% e il 55% avvengono su desktop. Questo significa che oltre 1/3 delle conversioni non vengono, erratamente, attribuite (anche se in parte dipende dal modello di attribuzione adottato) a Facebook.
  • Impression e click: la maggior parte dei tool si basa su click e cookie, non tenendo conto delle impression. Lo sapevi che alcuni studi mostrano come 90% delle persone che hanno visto un’ad e successivamente acquistato in negozio non vi hanno mai cliccato sopra? Ecco perché Facebook nel conteggiare le conversioni, di default, tiene conto anche di quelle che si sono verificate a un giorno dalla visualizzazione dell’inserzione, dato di cui ovviamente Google Analytics non può tenere conto perché non vi ha accesso.
  • Conversioni indirette: come dicevamo, il percorso di acquisto dell’utente online non è sempre (direi anche mai) lineare e semplice come crediamo. Magari vede l’inserzione, ma invece di cliccare su di essa, clicca sul nome della Pagina. La visita e solo dopo decide di andare sul sito ed eventualmente convertire. Ecco, Facebook registra anche questa come conversione attribuita all’inserzione, perché di fatto ha avuto un ruolo nel processo che ha portato il signor X ad acquistare sul sito.
  • Finestra di attribuzione: lo abbiamo detto poco sopra, il modello di attribuzione standard di conversione per Facebook è a un giorno dalla visualizzazione dell’inserzione e a 7 giorni dal click sulla stessa. Le conversioni che avverranno a seguito di queste azioni verranno conteggiate come tali. Ecco perché, se una persona clicca sulla tua inserzione Facebook, visita il sito, poi esce, vi ritorna 3 giorni dopo cliccando su di un annuncio Adwords e acquista, vedrai questa conversione comparire nel report delle Facebook Ads.
  • Data di conversione: i report di Facebook tengono conto del momento in cui è stata visualizzata/cliccata l’inserzione nell’attribuire la conversione; così, se un’inserzione ha ricevuto una visualizzazione il 15 maggio e la conversione è avvenuta il 20, Facebook riporterà la conversione al 15 maggio, mentre un qualsiasi sistema di analytics al 20. Inoltre, con l’introduzione della Conversion API e della misurazione degli eventi aggregati, i risultati delle campagne vengono anonimizzati e la restituzione degli stessi è ritardata fino a 72 ore.
  • Limiti nel tracciamento imposti da Apple: come sicuramente avrai sentito, Apple ha imposto una serie di limiti al tracciamento nel proprio ecosistema, che rendono molto più complicato stimare in modo esatto le visite e le conversioni attribuibili alle attività social. Naturalmente i limiti imposti da Apple riguardano tutti gli ecosistemi, Google incluso (il quale naturalmente non è stato a guardare e ha già pianificato la contro-mossa in ambiente Android), ma contribuisce a spiegare la discrepanza tra i dati.

Non fermarti alla sola punta dell’iceberg…

In un mondo sempre più omni-channel, in cui il percorso di acquisto è sempre più complesso (ti consiglio di approfondire il concetto di Messy Middle), spesso e volentieri si continua a ragionare sul last click, sull’ultimo canale che ci ha portato le conversioni ed è totalmente sbagliato, oltre che anti-economico.

Qual è l’ultimo canale che ci ha portato più clienti? Google Ads? Email? Ok, allora puntiamo tutto su quello.

In molti non ragionano sui modelli di attribuzione, non valutano con attenzione quali canali fanno da assist e di quali invece segnano il goal finale; in molti, anche a livello manageriale, non si valutano il processo globale che porta il cliente a conoscerci, interessarsi a noi, eventualmente confrontarci con altri e poi acquistare, ragionando in modo semplicistico e lineare in un mondo, quello del consumatore, che di semplice, lineare e mono-canale non ha proprio più niente.

Come possiamo uscire da questo empasse?

Come spiego sempre a chi fa parte del mio club, non solo dotandoci di strumenti proprietari o, magari, più sofisticati di quelli base, andando a personalizzare quelli che abbiamo a disposizione., ma restando in primis aggiornati sulle ultime novità in termini di tracciamento, ma anche e soprattutto, imparando a raccogliere e lavorare i dati di prima parte.

Insomma, sicuro di voler restare ancora ostaggio di questo o quell’ecosistema solo perché non hai costruito un TUO ecosistema che ti permette di analizzare, raggiungere e riportare all’acquisto i tuoi contatti e clienti?

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Veronica Gentili

Imprenditrice digitale, speaker, consulente e formatrice specializzata in Social Media Marketing e autrice di 4 libri best seller di settore. Veronica è considerata come uno dei maggiori esperti di Social Media Marketing in Italia e tra i 50 professionisti più influenti in ambito Ad-tech al mondo.

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